Bonifica cornicione in lastre di cemento-amianto
Smaltimento e sostituzione cornicione perimetrale di n° 3 palazzine eseguito con piattaforma aerea
Si ricorda che: la consistenza fibrosa dell’amianto è alla base delle sue ottime proprietà tecnologiche, ma conferisce al materiale anche delle proprietà di rischio essendo essa stessa causa di gravi patologie a carico prevalentemente dell’apparato respiratorio.
I materiali di amianto rilasciano fibre potenzialmente inalabili: hanno infatti la tendenza a suddividersi longitudinalmente in fibrille sempre più sottili, hanno diametri sufficientemente fini (inferiori ai 3 micron) da essere respirate e penetrare profondamente negli alveoli polmonari.
L’amianto ha una elevata resistenza ad acidi e ad alcali, ed una straordinaria biopersistenza, cioè permangono negli alveoli polmonari per un tempo pressoché indefinito.
Le fibre resistono all’attacco dei macròfagi, ma quelle di maggiore lunghezza (oltre 5 micron), non possono essere catturate dagli stessi che muoiono nel tentativo di eliminare le fibre di amianto inducendo una reazione infiammatoria che sta all’origine della lesione asbestosica. Le fibre inalate con meno di 3 micron di diametro penetrano nelle vie respiratorie e permangono nei polmoni. L’ anfibolo, con fibre di morfologia rettilinea, ha una capacità di penetrazione più elevata, che diminuisce col crescere del diametro perché le fibre più sottili e aghiformi attraversano il tessuto polmonare, per effetto dei movimenti respiratori e facilmente raggiungono la pleura. Tale capacità di penetrazione è invece molto minore nel crisotilo per la sua forma ad esse allungata.
Tra quelle trattenute nei bronchioli e negli alveoli, alcune più corte assorbite dai macrofagi, vengono trasportate fino ai gangli linfatici, alla milza e ad altri tessuti. Alcune di quelle che rimangono nei bronchioli e negli alveoli (in particolare gli anfiboli) vengono ricoperte da un complesso proteine/ferro e si trasformano nei “corpuscoli dell’asbesto”.
Tutte le malattie da amianto insorgono a distanza di molto tempo dall’inizio dell’esposizione, dopo un periodo di latenza che dura 20 anni o più. Questo spiega perché gli effetti delle esposizioni avvenute nel passato si manifestino ancora oggi.